Argomento già trattato in altri post, riprongo, in questo testo, la controversa questione tra pratica amatoriale e pratica agonistica, provando a ricercare le conseguenze che questa differenziazione potrà portare all’interno di un qualsiasi corso che abbia a che fare con il combattimento (Bjj, Muay Thai, Boxe, ecc, ecc).
La pratica di uno Sport da Combattimento deve essere, a mio parere, ampiamente accessibile a tutti, senza preclusione alcuna. Pretendere agonisti ad ogni costo, porterà ad un inaridimento della classe ed avrà come conseguenza il progressivo abbandono di chi non abbia tali obiettivi, corpo estraneo ed inadeguato alla realtà che lo circonda. Qualsiasi amatore, al contrario, arricchirà una classe del suo personale contributo tecnico ed umano, contribuendo, come gli altri, e talvolta anche maggiormente, al miglioramento di tutti.
La formazione di un gruppo ampio, solidifica i rapporti, migliora l’idea di squadra , rende la pratica più gratificante, rafforza il senso di appartenenza, oltre a permettere il confronto con individualità tecniche e fisiche più differenziate tra loro. Quest’ultimo aspetto creerà indubbio giovamento e beneficio per tutto il gruppo.Non consideriamo poi quanto possa incidere favorevolmente il confronto con studenti che abbiano già pregresse esperienze nell’ambito del combattimento e delle AM in genere.
Ma il punto è: può un corso di Sport da Combattimento rinunciare ad avere agonisti? La risposta è NO.
Lotta, Boxe, Thai o Bjj (per fare esempi casuali), potranno offrire benessere fisico e mentale, buoni principi per difendersi e opportunità di socializzare, ma non si dovrà mai giungere al “compromesso” di rinunciare alla componente agonistica, per il semplice fatto che sono nate per assolvere a ciò. Lo scopo primario di queste discipline ed il loro fine ultimo è il combattimento, con tutti i possibili inserimenti all’interno di questo contesto (chi verrà per divertirsi, ad esempio). Un nucleo che rappresenti la Scuola in contesti competitivi, che metta in gioco se stesso e la qualità del lavoro svolto assicurerà progresso ed evoluzione, perchè “costretto” a fronteggiare i progressi e l’evoluzione degli altri.
Lo scopo primario di queste attività, non si perda di vista questo aspetto, è il combattimento, fatto con impegno e serietà e finchè lavoro, famiglia o età non vadano a costituire un “legittimo impedimento”.
In definitiva, un corso che non sia supportato dall’indispensabile presenza di puri amatori non avrà motivo di esistere, nella stesssa misura in cui, però, sia anche frequentato da una frangia di “competitori”, che porteranno prestigio all’Accademia.
Che idea vi fareste se, domani, decidendo di praticare del buon Karate, vi trovaste in una palestra dove nessuno combatte o ha mai combattuto? Credo non buona.
Ma può darsi mi sbagli.
Che idea vi fareste se, domani, decidendo di praticare del buon Karate, vi trovaste in una palestra dove nessuno combatte o ha mai combattuto? Credo non buona.
Ma può darsi mi sbagli.